Bruno Vespa come “Avatar” (roba aliena…). “Umberto Eco come “Guerre stellari”. E magari Stefano Benni come “Scuola di polizia”…
Questo è il quadro che via via si sta delineando nell’editoria: un parallelo inquietante con il cinema. Ma solo, al momento, relativamente alla durata della novità in sala… il che sarebbe dire in libreria.
Se un tempo si aveva la speranza che una novità potesse avere quei sessanta giorni per decollare e vendere, negli ultimi anni i tempi di permanenza del libro in libreria erano scesi a 40-45 giorni, ad andar bene. Oggi, ormai, siamo sotto il mese. È conclamato. Ed è tragico. Soprattutto, ma non solo, per i piccoli editori.
La situazione che la crisi sta determinando in libreria è che se un libro non decolla nel volgere di due-quattro settimane viene inesorabilmente reso al mittente (nel cinema, con un film, può bastare ormai un fine settimana “storto”). Ma anche se decolla e vende, con sempre meno solerzia i librai tendono a ricaricare nuove copie del volume. Come a dire: se ne ho messe in vendita due e in effetti qualcuno le ha comprate, perché mai dovrei, io libraio, assumermi il rischio di mettere in casa un’altra copia di quel titolo? Forse perché magari non c’è due senza tre, gli si potrebbe rispondere. Ma forse sarebbe fiato sprecato.
Il ragionamento può sembrare folle, ma in effetti forse lo è davvero. Ma è una follia da fine impero, da fuga scomposta. Che cosa ci aspetta nel futuro? Il libro sopravvivrà senz’altro alla crisi, che s’annuncia ancora piuttosto lunga, poiché esplosa in contemporanea a una crisi di cervelli niente male in politica (come a dire: se degli incapaci ci hanno portato fin qui, come faranno altri incapaci a portarci in un posto migliore…?); ma i posti di lavoro, quelli sopravvivranno? Non solo, beninteso, nelle case editrici. I soggetti più a rischio oggi, infatti, non sono tanto gli editori quanto i distributori e i librai. Se dovesse morire il libro cartaceo e si dovesse passare a quello elettronico – ipotesi sgradevole e da incubo – i primi a scomparire sarebbero proprio i librai e i distributori. Che chiuderebbero nel volgere di un battito d’ali.
Per questo pare sempre più folle il fatto che chi cerca un libro in libreria oggi non lo trovi e non abbia, dall’altra parte del bancone, una controparte, il libraio, che si fa in quattro per recuperare quel libro, e fare il suo lavoro. Forse è anche per questo che il sistema Italia sta morendo. Perché non ci meritiamo più d’esistere, visto quel che siamo diventati. E se il libro cartaceo scomparirà, al di là delle evidenti responsabilità degli editori, i primi a doversi addossare la colpa saranno proprio i librai. Che non hanno fatto e non fanno mai abbastanza per curare la clientela e soddisfarla nelle sue ricerche. Coccolarla, se necessario. E questo è molto italiano. E molto sbagliato. Perché se il cliente viene a comprare un libro e io glielo vendo, non sono io che faccio un favore a lui. Semmai, e scusate se è poco, è lui che lo sta facendo a tutta una filiera.