Ritardi di cinque anni da parte degli enti locali dell’Emilia-Romagna sulla classificazione del rischio sismico. Mancano gli studi di zonazione che specificano il rischio sismico e che sono obbligatori in Regione dal 2007 per tutti i Comuni che vogliono rinnovare il proprio piano strutturale ossia il vecchio piano regolatore. Tra i Comuni colpiti dalla sequenza sismica attivata con la forte scossa del 20 maggio scorso, (tutti distribuiti tra le provincie di Ferrara, Modena, Bologna e, con l’ultima scossa del 31 maggio anche di Reggio Emilia) i piani strutturali sono stati rinnovati, a partire dal 2008, secondo la banca dati della Regione Emilia-Romagna, a Bondeno, Bomporto, Cento, Concordia, Crevalcore, Ferrara, Lama di Mocogno, Maranello, Medolla, Molinella, Pieve di Cento, Poggio Renatico, Sala Bolognese, San Felice sul Panaro, Sant’Agata Bolognese, Vigarano Mainarda e Fiorano modenese e Luzzara. Nessuno di questi Comuni ha effettuato lo studio di microzonazione richiesto come base di partenza per l’approvazione del piano urbanistico.

 

“Tra i Comuni colpiti dal terremoto – spiega Luca Martelli, del servizio geologico, sismico e dei suoli della regione Emilia-Romagna – soltanto Mirandola ha appena terminato uno studio di microzonazione. Si tratta di studi che permettono di aggiornare il rischio sismico in base alla reale situazione del sottosuolo. L’attuale classificazione risale al 2003 e, per tutta quest’area, prevedeva un rischio sismico medio-basso”.

 

 

Il rischio sismico “basso”
La classificazione regionale del 2003 è stata realizzata sulla base di un documento nazionale (Odpcm 3274/2003) che aveva preso come base di calcolo gli effetti emersi dalla storia sismica che in questi territori erano stati piuttosto rari. Si deve risalire al 1796 per ritrovare un terremoto simile a quello di oggi, e prima ancora, al 1570. Il rischio, in pratica, è stato calcolato sulla base di semplici calcoli probabilistici che di fatto, secondo Luca Martelli “hanno portato a conclusioni poco realistiche producendo una mappatura della pericolositá sismica che, in alcune zone, come la pianura padana centrale, risulta sovrastimata e in altre zone, come quelle colpite dal terremoto, evidentemente sottostimata”. Secondo la classificazione regionale del 2003, 105 Comuni sono classificati in zona 2, ossia a rischio medio-alto (praticamente tutta la Romagna, il settore orientale della provincia di Bologna, il comprensorio delle ceramiche modenese-reggiano, alcuni Comuni del crinale tosco-emiliano delle provincie di Modena, Reggio Emilia e Parma); 214 in zona 3, ossia rischio medio-basso (la maggior parte dei Comuni e in ogni caso tutti quelli colpiti dal sisma) e 22 in zona 4, ossia rischio sismico basso, (tutti in pianura: l’estremità nord-occidentale delle provincia di Piacenza, alcuni Comuni in prossimità del Po, le provincie di Piacenza, Reggio Emilia e Ferrara, e la zona del delta del Po). Questa classificazione non prevede Comuni ad alto rischio sismico ossia appartenenti alla classe 1.

 

I piani di prevenzione sismica e i piani regolatori
Per attualizzare il rischio sismico, nel 2007, una delibera della Regione Emilia-Romagna, emanata in applicazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni (DM 14/9/2005), ha imposto ai comuni che, da lì in avanti, avrebbero dovuto varare i nuovi piano strutturali, ossia i piani regolatori, di effettuare degli studi preventivi cosiddetti di microzonazione, che avrebbero permesso di conoscere in maniera più corrispondente alla realtà, l’effettivo rischio sismico di ciascun territorio.
Sono studi costosi, che richiedono tempo e che non tutti gli enti locali, soprattutto quelli più piccoli, riescono a effettuare. “In tutta la regione – continua Martelli – si sono dotati di uno studio di microzonazione il 25% dei Comuni. Nessuno tra quelli colpiti dallo sciame sismico eccetto che Mirandola dove la ricerca si è appena conclusa e dove le conclusioni di questo studio, molto ben fatto, sono perfettamente in linea con gli eventi sismici accaduti”. In pratica Mirandola, per uno strano gioco del destino, aveva appena scoperto di essere una zona ad alto rischio sismico contrariamente a quanto creduto sino ad ora, proprio nel momento in cui si è scatenata la forza devastante del terremoto.

 

I controlli sul territorio
Sulla base di questo quadro, non ci sono mai state in Regione delle norme riguardanti l’edificabilitá, che siano state particolarmente stringenti dal punto di vista sismico. Così è accaduto fino al 2008, anno in cui la Regione ha varato la legge numero 19 per la riduzione del rischio sismico.
“Fino a quella data – spiega Giuseppina Marziali, un ingegnere del centro soccorsi di Modena che, dal 20 maggio scorso, sta attivando i sopralluoghi sugli edifici colpiti dal sisma per valutarne l’agibilitá – le costruzioni venivano progettate con riferimento ai soli carichi verticali, ossia per reggere ai pesi, e al vento. I progetti non tenevano in conto i cosiddetti carichi orizzontali, ossia la capacità di un edificio di resistere ai terremoti che deriva dalla robustezza dei collegamenti tra le travi ed i pilastri”. Stando così le cose, non stupisce che molte abitazioni e molti capannoni industriali del Ferrarese e del Modenese siano venuti giù come fossero di cartapesta. Ma l’intervento della legge regionale sismica del 2008, non è che abbia cambiato di molto le cose. Pur essendo previsti dei criteri di edificabilità più stringenti, sono venuti a mancare i controlli ai vari progetti di costruzione che avrebbero dovuto svolgere gli uffici tecnici dei vari Comuni.
“Trattandosi di un territorio – continua la Marziali – classificato con rischio sismico medio basso – i controlli ai progetti vengono fatti a campione”. Come conferma anche il presidente dell’Ance Emilia-Romagna, l’associazione regionale dei costruttori, Gabriele Buia, “Fino al 2008 bastava semplicemente depositare i progetti all’ufficio del genio civile. Successivamente i Comuni si sarebbero dovuti organizzare per potere fare queste verifiche ma, con le strutture attuali, non sono in grado di poter controllare. Dopo la legge del 2008, i controlli sui progetti vengono effettuati a campione”.

 

Le autorizzazioni antisismiche
I ritardi riguardano principalmente autorizzazioni antisismiche. Oltre al permesso a costruire, infatti, la legge del 2008, prevede che i Comuni debbano rilasciare un’autorizzazione a conferma del rispetto delle prescrizioni antisismiche.
“Gli uffici tecnici dei Comuni – spiega Gianni Melloni, direttore dell’Anci regionale – improvvisamente si sono trovati a dover valutare delle pratiche che richiedevano una conoscenza tecnica molto approfondita. E non sempre è stato possibile trovare le risorse per poter far fronte a questi controlli. I Municipi più piccoli, che avevano uffici tecnici di una o due persone, potevano scegliere di delegare le autorizzazioni all’unione dei Comuni di appartenenza oppure al servizio tecnico di bacino della Regione che è lo stesso che rilascia le concessioni di derivazione per il prelievo di acqua pubblica dai fiumi. Ma mentre, secondo la legge, le autorizzazioni antisismiche sarebbero dovute arrivare entro 60 giorni, di fatto il servizio tecnico di bacino le ha sempre prodotte con ritardi notevoli anche superiori a un anno”.

 

Le indagini
Attualmente le procure di Modena e Ferrara hanno aperto delle indagini per il crollo dei capannoni industriali nel Ferrarese (dove sono morte 4 persone) e nel Modenese dove ne sono perite altre 17 con la seconda forte scossa del 29 maggio. Quel giorno, infatti, le fabbriche, molte delle quali di recente costruzione, avevano ripreso a lavorare ed erano piene di operai. “La politica industriale, a livello nazionale, sulla costruzione di questi fabbricati è suicida – ha affermato il procuratore capo di Modena, Vito Zincani, scatenando una sequela di polemiche -. Chiariremo perché sono crollati miseramente gli edifici di recente realizzazione. Verificheremo se sono state rispettate le norme antisismiche, ma anche se ci siano state negligenze o mancanze nella costruzione, nella progettazione e nel collaudo degli edifici». Le ipotesi di reato vanno dall’omicidio colposo al disastro colposo, alle lesioni personali e violazione delle norme edilizie. Soltanto a Ferrara sono iscritte nel registro degli indagati una trentina di persone.
“Quello che si deve appurare – spiega Riccardo Venturi, legale nominato dalla Cgil di Ferrara per potere intervenire nel procedimento come associazione che rappresenta gli interessi dei lavoratori danneggiati – è cercare di capire chi doveva fare e che cosa. Il fatto che la legge regionale sull’antisismica sia intervenuta soltanto nel 2008, è una spiegazione che potrebbe anche non reggere di fronte alle comuni regole del buonsenso e del più generale principio della prudenza. Ci chiediamo, insomma, se effettivamente siano state poste in essere tutte le precauzioni del caso”.

 

Un’economia in ginocchio
Dopo la scossa del 29 maggio, la paura regna sovrana in queste terre devastate. Le fabbriche sono vuote. Una nuova scossa di magnitudo 4.2 ha colpito, la sera del 31 maggio, anche alcuni Comuni della provincia di Reggio Emilia: Novellara, Luzzara, Fabbrico, Reggiolo, Rio Saliceto. L’asse industriale della via Emilia è in ginocchio come se non bastasse la crisi economica in atto. Per riaprire le fabbriche, soprattutto quelle danneggiate, bisogna aspettare gli esiti dei sopralluoghi, attualmente in corso, che dovranno definire il grado di agibilità delle strutture. Si tratta un lavoro lungo e farraginoso se si considera che secondo le stime pubblicate su un quotidiano locale, sono circa 20mila i capannoni nel Modenese e circa 8mila nel Ferrarese. Una mappatura ufficiale non esiste ma certo è che si tratta di strutture molto grandi che mediamente hanno una dimensione di circa mille metri quadrati.
“Nel cuore del Modenese – spiega Donato Pivanti, segretario provinciale della Cgil Modena – le aziende toccate in maniera grave sono almeno 3.500. I crolli hanno riguardato imprese del settore biomedicale tra Mirandola e Medolla. dalla Gabbro alla Sorin alla Fresenius. Molto colpito anche il settore meccanico che produce, fra l’altro, i macchinari per il settore biomedicale. Danni significativi si registrano anche nelle aziende dell’agroalimentare. Sono almeno sei gli edifici comunali dichiarati inagibili. Oltre a gestire l’emergenza dei più di 15mila sfollati, dobbiamo preoccuparci di ricostruire rapidamente per impedire che queste aziende delocalizzino per potere continuare a lavorare”.

Emilia Romagna. Classificazione rischio sismico 2003
Emilia Romagna delibera Microzonazione sismica 2.5.2007
Emilia-Romagna legge regionale n. 19 “Norme per la riduzione del rischio sismico” 30.10.2008
Emilia Romagna Elenco_PianiUrbanistici_Generali

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