Credo che dovremmo essere proprio noi Italiani i primi a fare un passo indietro e riconoscere che abbiamo molto da imparare dai Tedeschi, i nostri eterni amici/nemici, acerrimi nemici nell’ultima parte della II guerra mondiale, poi sostanzialmente di nuovo amici. La cosa probabilmente data dai tempi di Giulio Cesare e Vercingetorige e chi sa se e quando mai finirà, ma non è questo il punto qui in trattazione. Dico solo che i Romani, poi, portarono quella civiltà che, in gran parte essi assorbirono; funzionò, quindi, il progetto di umiltà.

Ormai è chiaro il sogno infranto nel quale siamo incappati e non solo noi, nella corsa frenetica ad entrare nell’area Euro, contro il parere espresso, per dire il vero, di Francia e Germania che ipotizzavano un’Europa a doppia velocità, non credo per amore verso il prossimo, ma certamente per una concreta valutazione di stabilità. Molti hanno idealizzato l’obiettivo, hanno creduto che l’Europa sarebbe diventata la casa di tutti gli aderenti, la guida, il ponte verso il futuro e la porta della civiltà, come è, in particolare, stampigliato sulla nostra attuale moneta; in concreto crogiuolo di idee, posti di lavoro, cultura, arte, scienze e così via. Ci siamo svenati per la grandezza e la luminosità dell’obiettivo; dal punto di vista psicologico, “non esserci” era generalmente considerato inaccettabile, deprimente, devastante e probabilmente sarebbe stato così all’epoca con gravissime ricadute sulla crescita, l’occupazione ecc., o forse avrebbe innescato virtuosi meccanismi di reazione, aiutati anche dalla manovrabilità della moneta interna che, in breve tempo, ci avrebbe fatto ottenere i numeri per trattare una soddisfacente entrata a fianco degli altri partner o addirittura disinteressarci della questione ed andare avanti tranquillamente per la nostra strada affiancando i Paesi più forti, senza nessuna necessità di “fusione”. Ormai non potremo più saperlo.

Questo vale per l’Italia, e alla luce della storia e dei fatti, quantomeno anche per Spagna, Portogallo e Grecia.

Ricordo l’enfasi con cui Romano Prodi diceva “il futuro è là, è là a Bruxelles”.

Ricordo l’analisi categorica e indiscutibile con cui un po’ tutti evidenziavano i vantaggi della partecipazione all’Euro, nell’immediato, e quali sarebbero stati i tremendi svantaggi se non avessimo aderito; il tutto superato da quale è la situazione oggi, dall’aver constatato che nessuna epidemia o pestilenza è piovuta sulla Gran Bretagna; che i problemi mondiali prescindono dalle situazioni locali (i titoli greci, o anche i nostri titoli, sono “in pancia”, come si dice, anche di Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti e persino Cina); tutt’al più, infine, la situazione sarebbe stata analoga a quella che è adesso.

Ci presentammo, quindi schierati, come un sol uomo all’appuntamento, tranne la Grecia che entrò poco dopo, e che, se l’impulso ideale fosse stato quello che ho prima descritto, avrebbero dovuto tutti gli altri partner promuovere e sostenere in vista della futura Europa, quella dei nostri posteri, e non già mettere nei conteggi dei computer come in un tritacarne; e che, dal punto di vista economico, alla luce degli avvenimenti, meglio avrebbe fatto ad astenersi autonomamente dal mettersi nel calderone europeo, giungendo addirittura al punto, a quanto pare, di falsificare i conti.

Ora lo scenario col quale meno ferite avremmo da leccarci, a quanto pare, è quello di un’area del bacino mediterraneo (i soliti PIGS, ma io preferisco GIPS) separata dall’area Euro Nord Ovest. In tal caso, se non ci lasciassimo prendere dallo sconforto, se non ci lasciassimo prendere dai campanilismi, se ci mettessimo convinzione, professionalità, tenacia, organizzazione e così via, andrebbe tutto bene e, a mio avviso, supereremmo in modo brillante la crisi e la recessione.

Ma, dietrologie a parte, in concreto che cosa è accaduto? La risposta a tutti coloro che si chiedevano come mai la Germania che era il Paese più forte dell’Europa, che aveva la moneta più forte in Europa, si sia determinata a fondere il marco nell’euro, come si diceva, c’è stata; e non era, come si sperava, “per spirito europeo”.

La questione è più complessa, a quanto pare: l’entrata nell’Euro, comportava l’adozione di regole, di standard, di parametri, che la Germania, fin dall’epoca di Khol sapeva di poter rispettare. A quel punto il seguito non poteva che essere favorevole alla Germania stessa: o si sarebbe innescato un meccanismo di grande capacità e virtuosità diffusa per cui tutti in Europa avrebbero avuto prosperità; quindi altri scenari, comunque di respiro mondiale, di benessere, una svolta davvero del nuovo secolo e nuovo millennio (più difficile come tutti sapevano), o la Germania avrebbe comunque tenuto fede a quelle regole che erano state volute proprio allo scopo di dare forza, ricchezza, potere, e quindi si sarebbe affermata come Paese leader in Europa; sarebbe passata, cioè, dall’essere il “Paese più forte”, ad essere il “Paese più potente” e quindi dominante sugli altri. Un sogno, una pretesa che, come sappiamo, i Tedeschi non hanno mai abbandonato.

Come pretendere, quindi, che ora cambino le regole? Allora impariamo da loro.

Se non puoi sconfiggere il tuo nemico, fattelo amico, credo che sia una massima risalente all’antica saggezza di Confucio.

Abbiamo tutti appreso e letto come, nella recente videoconferenza a sei, tutti pendevano dalle labbra della Merkel. Presa da una folata di spirito giovanile, per così dire, quest’ultima ha proclamato “dobbiamo restare tutti uniti”. A questo punto, a parte gli imperscrutabili Van Rompuy e Barroso, gli altri, Hollande, Cameron e Monti hanno sorriso, hanno sperato forse “ecco, ora la signora Deutschland über alles allenta i cordoni della borsa, dà qualcosina alla Grecia, riduce il disavanzo degli alleati, decongestiona il PIL”. Manco per idea; anche se le cronache non lo dicono esplicitamente (ma lo fanno capire), c’è da credere che abbia subito aggiunto “ma non a tutti i costi”, spegnendo il sorriso sulle labbra degli altri. A questo punto, dopo un tira e molla degno delle migliori sfide tra carrettieri e scaricatori di porto, pare si sia giunti ad un primo campo-base “Rigore e crescita devono procedere di pari passo”; sembrerebbe un paradosso, qualcosa di simile alle “convergenze parallele” di berlingueriana e moriana memoria che non funzionò.

Una cosa è certa però, alla luce di quello che si è visto e che si va qui considerando, se la Merkel lo ha detto, vuol dire che già sa per certo che in Germania questo si può fare: far crescere l’economia e, al tempo stesso, evitare assolutamente gli sprechi. E gli altri?

I più esposti siamo noi ed è proprio questo il punto. Che cosa dovremmo imparare allora?

MAI PROMETTERE CIO’ CHE NON SIAMO IN GRADO DI MANTENERE.

Qui si arriva al punto di indire un concorso a 500 posti per magistrati ordinari, quindi promettere lavoro, e non assumere i vincitori a distanza di 3 anni perché mancano i soldi per pagare gli stipendi.

Commissionare lavori, già sapendo di non essere in grado di pagarli. Far lavorare i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici in genere, i Giudici Tributari, ad esempio, non pagando le normali retribuzioni a distanza di oltre un anno e mezzo.

E si potrebbe continuare all’infinito.

Questo non accade in Germania.

Mi capita frequentemente, data la mia attività di avvocato, di lavorare con clienti tedeschi per motivi professionali. Trattano allo spasimo, cercano ti tirare al ribasso il più possibile, ti fanno le pulci sui preventivi, anche perché non si fidano, ma una volta raggiunto l’accordo, pagano non un mese dopo, a 60, 90 giorni ecc., ma il giorno dopo! Così si fa, di modo che io possa pagare a mia volta con gli stessi ritmi e l’economia gira. E’ tanto difficile? E’ tanto degradante andare a chiedere, studiare ed applicare “scusate, potete dirci come fate?”

Mi è capitato casualmente di sentire per radio, qualche giorno fa, in macchina, una intervista ad un giornalista tedesco sulla sconfitta del partito della Merkel in Westfalia. Non è una sconfitta della linea della signora Merkel – ha detto – la sconfitta è stata dovuta al fatto che era stato presentato un candidato poco trasparente. La politica della signora Merkel in Germania è appoggiata non solo dal suo partito, ma da tutto il popolo tedesco.

Date le particolari condizioni di ascolto, non ho ben capito chi fosse il giornalista, né mi premeva o sento l’esigenza, ora, di “indagare” sul candidato “poco trasparente”.

Quel che interessa è il concetto: In Germania UN CANDIDATO POCO TRASPARENTE NON PUO’ ESSERE ELETTO anche se appartiene al partito del premier la cui politica è appoggiata “da tutto il popolo tedesco”.

Quale sarebbe l’omologa situazione da noi? Forse… chi è un filino trasparente scagli la prima pietra?

Qui non c’è bisogno di andare a chiedere nulla. La lezione è diretta e, dalla risposta data a recenti avvenimenti erotico-arroganti, ci viene anche dalla Francia.

E’ molto semplice: Chi è “poco trasparente” deve stare o essere buttato fuori dalla politica.

In un Paese di 60 milioni di abitanti, per cultura, assetto istituzionale e geografico, lontano anni-luce da devianze totalitarie, ci sarà pure, nell’interesse della Nazione, un’altra persona TRASPARENTE in possesso di tutti i requisiti necessari per governare, che possa prendere il posto di quella NON TRASPARENTE.

Accanirsi, quindi, per mantenere in piedi quest’ultima che cosa vuol dire in termini pratici? Ricatti? Favori? Timori? Indifferenza? Tutte voci che nulla hanno a che vedere con la corretta e dinamica vita democratica.

Un mio amico che aveva sposato una tedesca, diverso tempo fa (non c’era ancora l’euro), mi raccontava che cosa accadeva in un supermercato di Francoforte, in un periodo in cui era andato in crisi il settore delle carni. C’erano due banconi separati, su cui erano esposte le confezioni in vendita. Su uno dei due, contenente carne più pregiata, c’era un cartello che annunciava “si prega la gentile clientela di non acquistare questa carne se non per i casi di assoluta necessità (anziani, invalidi, bambini ecc.) perché è destinata prevalentemente all’esportazione”. Ebbene nessuno (compreso, probabilmente qualcuno che si trovava in condizioni di bisogno) acquistava quella carne.

Vi immaginate la stessa situazione in Italia? Tutti si sarebbero precipitati ad acquistare quella che, evidentemente, doveva essere la più buona. Quanto agli anziani ed invalidi, chi non ne ha qualcuno in casa, come i contrassegni a iosa sulle autovetture confermano?

Potremmo parlare di tasse. Recentemente, intervistate in TV, le veramente speciali sorelle Kessler hanno dichiarato che amano l’Italia, ma non si stabilirebbero mai qui “troppa burocrazia – ha dichiarato una delle due, ancora oggi difficilissimo distinguerle – è mai possibile che per sapere come pagare le tasse bisogna leggere 80 PAGINE di istruzioni? Uno non solo deve pagare le tasse, ma leggere anche 80 pagine per capire come deve fare?”

Cari tedeschi, voi come fate?

E potremmo parlare di Evasione fiscale, Criminalità organizzata, Rapporti con l’apparato ecclesiastico, Istruzione, di Giustizia, di Indagini di polizia (i processi in TV che si svolgono in Italia sono esattamente l’opposto di ciò che si dovrebbe fare), Modernità (v. l’ottusità e miopia sulle coppie di fatto, le coppie gay ecc.), Incentivazione nell’arte e nelle scienze (v. tutto il casino fatto – per dirla in musica- sulle staminali, sulla fecondazione assistita ecc.), Cinematografia anche, oggi come oggi (i favoritismi alle Olgettine non credo ci faranno prendere molti Oscar), ecc. ecc. ma ci porterebbe troppo lontano.

Basterà qui un ultimo riferimento alla GERONTOCRAZIA, attualmente sotto l’occhio del riflettore, ma già da domani nel dimenticatoio, che affligge il nostro Paese, dove non passa giorno che qualcuno non proclami dal pulpito: “LARGO AI GIOVANI”.

Ma il nostro modello (oltre che il nostro padrone) è il Vaticano dove l’età media dei vescovi è 67 anni (3 in più del nostro governo).

E non parliamo solo di politica, ma di banche, università, industria, commercio, pubblica amministrazione, borsa, sindacati, letteratura (quando mai potrà affermarsi in Italia un Daniel Kehlmann del 1975, già tradotto in molte lingue nel 2005?), cinema, teatro (basta vedere i “famosi” cartelloni delle cariatidi in giro nei primari teatri delle nostre città).

Bene: Presidente della Repubblica Italiana (tutti sanno che è): 90enne (primato mondiale), per fortuna che regge bene, ma è grazie al solito stellone tricolore.

Joachim Gauck – Presidente della Repubblica Tedesca 70 anni.
Angela Merkel – 58 anni
Mario Monti – 69 anni (un giovanottone rispetto a Berlusconi 76 anni – non traggano in inganno le sue performance bungabunghesche; lì contano tanto i soldi, molto la chiusura di un occhio o di tutti due gli occhi da parte di quelle che lo chiamano “amo’”, un poco i cocktail che Scapagna-manodorata gli prepara, e un pizzico di diffusione mediatica di cui non disdegna avvalersi).

E’ tanto difficile mettere gente più giovane nelle stanze dei bottoni? Tedeschi, Francesi, Olandesi, Americani, Spagnoli, diteci: COME SI FA?

E le donne, oltre che ingrossare a dismisura le fila di quelle che aspirano ad entrare nella RPPADM (Riformata Professione Più Antica Del Mondo), il Regno delle Escort, di cui San Silvio è il Santo protettore, non potrebbero entrare di più in politica? Allargare gli orizzonti, rappresentando esse l’altra metà del cielo? Lasciamo stare il Vaticano, una volta tanto. Quello tutt’al più è “mezzo cielo”, l’altra metà ce la vogliamo mettere?

Bisognerebbe inventarsi qualcosa. Una volta si diceva l’imagination au pouvoir, ma fin quando saremo i portaborse del Vaticano… Rutelli addirittura si sposò prima delle elezioni per ingraziarsi, inutilmente, parroci dai pulpiti, cape ‘e pezza, porporati e prelati vari… da quelle parti ce ne è poca di “imagination”.

Sarebbe davvero improponibile e impossibile azzerare tutto, come mentalità e comportamenti, naturalmente, nei vari settori e ricominciare tutto da capo? O, almeno, a tutto voler concedere, ricominciare “da tre”, come diceva Massimo Troisi, dalle cose certamente buone già fatte.

In conclusione, non saprei, a dire il vero, da che parte cominciare, peraltro questo da dibattiti, incontri, proposte, articoli potrebbe venir fuori, ma se facessimo tutti un bagno di umiltà (Grillo compreso, anzi Grillo avanti a tutti, che ora ha visto come è molto meno scontato il passare dalla critica a quello che si fa a fare quello che s’ha da fare) e cominciassimo da capo a considerare il da farsi raccogliendo qualche insegnamento anche dagli altri sarebbe davvero insopportabilmente scandaloso?

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