La Corte stabilisce che il capo di imputazione per il quale Dell’Utri viene rinviato a giudizio non è diverso da quello ritenuto nella sentenza di condanna impugnata, contrariamente a quanto lamentato sia dalla difesa che dal P.G. di udienza Jacoviello. Conferma il dato per il quale Berlusconi pagò per essere protetto e risolvere così in via preventiva gli eventuali problemi che potevano provenirgli dalla criminalità organizzata mafiosa, ciò derivando dalle dichiarazioni dei testi di accusa Di Carlo, Cinà, Magano, Ganci, Cucuzza, Scrima.

La Corte (la sentenza integrale è nei documenti correlati a questo articolo) ricorda che queste dichiarazioni provengono da persone che, avendo militato all’interno dell’associazione criminosa, possono fornire notizie valide in quanto riconducibili al patrimonio cognitivo comune a tutti gli associati di quel sodalizio, e quindi vanno valutate con peso diverso rispetto alle cosiddette dichiarazione “de relato”, che richiedono invece di controllo incrociato dei riscontri obiettivi.

Il problema che si pone la Quinta Sezione penale della Cassazione (pres. Grassi, relat. Vessichelli) non è dunque quello dell’essersi o meno raggiunta la prova della colpevolezza dell’imputato. La sentenza giudica tale prova accertata fino all’anno 1978, ma ritiene che data l’uscita di Dell’Utri, dopo quel periodo, dalla Fininvest per essere passato alle dipendenze della impresa Rapisarda rimanendo fino a tutto il 1980, i giudici di merito avrebbero dovuto motivare con maggiore attenzione e accuratezza il comportamento dell’imputato in detto periodo, cosa che, secondo la Corte, non è avvenuto.

La sentenza rivela infatti che vi sono soltanto brevissimi passaggi nella motivazione dei giudici di merito, sostenuti da elementi concreti, circa il comportamento che Dell’Utri avrebbe materialmente continuato a tenere in adempimento del suo ruolo di agevolatore per la esecuzione della parte patrimoniale dell’accordo a suo tempo stipulato per il suo tramite con la mafia.

La Corte ripercorre l’esame delle figure giuridiche del concorso esterno eventuale e del concorso necessario nel reato associativo da pag. 110 a pag. 118, e in quanto agli elementi di fatto ribadisce la propria critica alla motivazione della sentenza della Corte d’appello: quei giudici, afferma la Cassazione, non hanno motivato con sufficiente, concreta argomentazione, le ragioni per le quali Dell’Utri si sarebbe attivato nell’espletamento del suo ruolo fino al 1992, non cessando invece tale attività nel 1982; e tale carenza risalta di più se messa a confronto con il ragionamento serrato e argomentato in fatto e in diritto che è stato seguito dai giudici di merito per quanto concerne il periodo fino al 1978. In questo periodo è provata la rilevanza penale del comportamento dell’imputato che richiese e determinò l’incontro tra Berlusconi e i rappresentanti della cosca mafiosa, incontro finalizzato al consapevole e voluto conseguimento dell’accordo economico tra l’imprenditore e il sodalizio criminoso rappresentato da Bontate e Teresi.

Il nuovo giudizio di appello dunque dovrà riesaminare i dati processuali per motivare (con argomenti ovviamente diversi da quelli contenuti nelle parte di motivazione censurata) se il concorso esterno, così come contestato, sia inoltre configurabile per l’imputato anche relativamente al periodo di sua assenza dalla Fininvest e società collegate, e quindi se per detto periodo successivo possa essere configurata la sussistenza del reato.

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