Il fenomeno della droga è complesso e legato a molti fattori, non solo criminali. Le cronache parlano soprattutto del livello basso della filiera della droga: i piccoli spacciatori, quelli più esposti agli occhi delle forze dell’ordine e dell’opinione pubblica, ma intanto che Giovanardi si scaglia contro gli spinelli che porterebbero direttamente all’eroina secondo la “teoria del passaggio”, i narcos proliferano e, a volte, evadono tranquillamente dalle cliniche capitoline…
Eroina, ice, speed, crack, kobret, funghi, ketamina, shaboo, cannabis, cocaina, pasticche, anfetamine, lsd, hashish, alcol, farmaci ottenuti con ricette false: il mercato della droga, al pari o addirittura di più del commercio dei vari beni di consumo, è un fenomeno difficile da analizzare, che si lega a fattori culturali, politici ed economici.
Si pensi per esempio alla guerra in Afghanistan e al fiorente traffico di oppio (da cui si ricava l’eroina che è morfina sintetizzata), principale fonte di reddito del paese e dei talebani, papavero da oppio che una volta lavorato viene barattato anche con le armi: è lo stesso Afghanistan che vieta l’alcol per motivi religiosi, un po’ come successe in America ai tempi di Al Capone e del traffico clandestino di alcolici, anche se lì la religione non c’entrava nulla. E la politica proibizionista fallì perché l’alcol, a differenza di altre droghe leggere, è più facilmente accettato dalla società (in particolare quella occidentale), nonostante gli effetti che provoca non solo sul singolo.
Per spiegare come si organizzano e si contrastano le filiere delle droga, basta una parola: i “precursori”. Come spiega la “Direzione Centrale per i Servizi Antidroga” (che fa parte del Dipartimento della Pubblica Sicurezza), con il termine generico di precursore si intendono tutte quelle sostanze che non sono stupefacenti, ma che possono essere usate in processi industriali per raffinare la droga e “tagliarla” (ossia “allungare” il contenuto dello stupefacente con altri materiali per aumentarne il volume, e quindi il profitto).
Perciò l’impiego e il commercio di questi “precursori”, usati nei settori più diversi, devono essere monitorati, e rappresentano un esempio “fisico” dei passaggi che la droga fa, dalle piante di “kif kif” che diventano l’hashish mescolato alla paraffina per uso alimentare o agli escrementi del cammello (e che fanno del Marocco il primo esportatore della comune droga leggera), fino alla pasta di coca, quella purissima che si ricava dall’omonima pianta coltivata in Sudamerica e che, dopo essere stata raffinata da diverse mani – e a seconda della “professionalità” della malavita – può diventare un mix di mannitolo, veleno per topi e anfetamine varie, dagli effetti ancora più nefasti, rispetto a quella “coca” che costava molto e che sembrava affermarsi come droga elitaria negli anni ’70. Quella era la coca che verrà mischiata con acqua e bicarbonato per farne crack, la cocaina da fumare, molto di moda in America negli anni ’80 e adesso anche in Italia. Quella coca che un campesinos coltiva per convenienza economica o per il potere di convincimento delle mafie sudamericane.
A trafficarla però sono sempre i cosiddetti “cartelli” della droga, soprattutto quelli colombiani, e ci sono anche personaggi non direttamente affiliati a nessun clan, ma che possono contare su rapporti di fiducia criminale consolidati negli anni: Italo Ormanni, ex procuratore della Direzione distrettuale antimafia del Lazio, che ha svolto numerose inchieste sulle mafie e si è occupato anche di legislazione antimafia e antidroga come consulente dell’allora presidente del Consiglio Giovanni Spadolini insieme a Giovanni Falcone, ha spiegato a Golem che ci sono delle associazioni spagnole che, pur non essendo organiche a nessun clan mafioso, fungono da “teste di ponte” (cioè forniscono logistica criminale) per far arrivare la cocaina in Europa. Ed è lo stesso magistrato che, essendosi occupato di traffici di droga a livello intercontinentale, può dare un parere disincantato su quelli che vengono definiti i “colletti bianchi” o la borghesia della droga: “nella mia carriera non ho mai trovato le cosiddette zone grigie, anche perché i colletti bianchi della droga sono quelli che la consumano e non hanno niente a che vedere con l’organizzazione”, certo ci sono gli imprenditori che riciclano il danaro ma quelli “sono spiccioli per chi si occupa di traffici di droga a livello internazionale”.
Quei colletti bianchi, quegli imprenditori collusi, possono essere uno spunto investigativo per arrivare al livello più alto, ai grossi fornitori, e il giudice Ormanni fa l’esempio del più grosso sequestro di cocaina nel Lazio degli ultimi venti anni, partito nel 2004 grazie a dei carabinieri infiltrati, cosa non facile per la diffidenza dei narcos verso “ficcanaso” e agenti travestiti: in quell’occasione furono anche arrestati i due vertici colombiani dell’organizzazione.
Il boss di quel cartello colombiano, Milton José, dopo essere stato estradato dalla Colombia in Italia ottenne gli arresti in una clinica di Tivoli per problemi di cuore ed evase da lì nel 2007.
Ma le vie della droga sono infinite come quelle del Signore, e può capitare ad esempio che dei giovani si impossessino di un anestetico per cavalli, la ketamina, una delle ultime droghe del momento, e giochino a fare “il piccolo narcos” girando per discoteche e “rave party”.
E come non parlare del taglio dell’ecstasy o dell’eroina, senza fare un riferimento a chi muore per l’errata lavorazione della sostanza: le cronache spesso ci dicono che partite di eroina troppo pura spaccano il cuore dei tossicodipendenti, e in alcuni paesi per ovviare al “taglio” dell’ecstasy che oramai si fa in casa, ci sono dei test di laboratorio alle entrate delle discoteche. L’obiettivo è di verificare che nelle pasticche non ci siano sostanze letali, un po’ come gli assistenti sociali che si prendono cura dei tossici e forniscono loro siringhe pulite.
Con i progressi della scienza, quindi, le sostanze aumentano e si diversificano, alcune diventano “di tendenza”, ma aumentano anche gli “attori” di questo mercato, di spessore criminale più o meno rilevante: sono passati i tempi della Pizza Connection e delle raffinerie siciliane di eroina destinata agli Usa, anche perché per le organizzazioni criminali italiane non è più conveniente da un punto di vista economico raffinare la droga nella penisola. Infatti se venisse scoperta una raffineria il rischio di impresa sarebbe più elevato rispetto all’arresto di un corriere della droga. E’ più sicuro inviare un carico di droga dopo averlo frazionato tra più corrieri, in modo che scoprire tutte le “porzioni” del carico sarà più difficile per le forze dell’ordine…
Ma il “fascino” esercitato dalle mafie, da quell’antistato “simpatico” che ti fa avere tutto quello che lo Stato “noioso” vuole vietarti, è sempre lo stesso. Anzi, si evolve in nuove forme anche nei paesi che hanno intrapreso politiche che si possono definire antiproibizioniste: a Praga, per esempio, dove sono state stabilite delle soglie al di sotto delle quali non esiste la punibilità, i pusher si trovano a gruppetti e il “capetto” di ogni gruppo indossa un costume da pirata, quasi una sfida allo Stato e una legittimazione del loro ruolo di pusher-attrazioni.
Intanto anche in Italia si aprono degli spiragli antiproibizionisti: il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, nel mockumentary “l’Era legale”, ha dichiarato che forse è arrivato il momento di legalizzare almeno alcune sostanze, alludendo chiaramente a quelle leggere.
Questo in totale opposizione con la “teoria del passaggio”, punta di diamante dell’ex sottosegretario per le politiche antidroga, Carlo Giovanardi: secondo questa teoria lo spinello è una droga di passaggio che porta direttamente all’eroina.
In linea con Piero Grasso anche Italo Ormanni dà priorità al contrasto delle droghe pesanti: “le droghe leggere sono un problema che riguardano più la salute del singolo che la collettività…”.
Per chi volesse avere un’idea dei cambiamenti legislativi dai tempi del fascismo a Giovanardi, e per chi fosse interessato al confronto tra varie politiche antidroga europee, può leggere l’articolo correlato a questo.