Il 2012 rischia di essere l’annus horribilis del trasporto ferroviario in Campania, dopo un 2011 di passione che ha già creato non pochi disagi a pendolari e turisti abituati a utilizzare, soprattutto per i collegamenti con il capoluogo, i treni delle numerose società che operano nella regione. Riduzione del servizio, ritardi, scioperi e chiusura delle stazioni sono i problemi con cui i viaggiatori sono costretti a convivere quotidianamente da mesi.
La causa dei disservizi sta tutta nei tagli dei fondi statali e regionali per il trasporto pubblico, che l’anno scorso hanno determinato un calo complessivo del 10% dell’offerta di treni pendolari in Campania (fonte: rapporto Pendolaria 2011 di Legambiente, in allegato).
L’odissea della Circumvesuviana
I problemi più gravi riguardano la Circumvesuviana, l’azienda ferroviaria che rappresentava un autentico vanto del trasporto regionale campano: una rete di oltre 140 chilometri divisa tra 6 linee ferroviarie e 96 stazioni, che con la sua densità di 1,5 fermate per km serve uno dei territori più densamente popolati del mondo, con un bacino di utenti che supera i 2 milioni di persone in 47 Comuni e 3 Province (Napoli, Salerno e Avellino). Senza dimenticare che congiunge il capoluogo campano con gli scavi di Ercolano e di Pompei e con l’intera penisola sorrentina. Fondata nel 1890 con il nome di “Società Anonima Ferrovia Napoli – Ottaviano”, la Vesuviana trasporta ogni giorno almeno 100.000 viaggiatori tra studenti, lavoratori pendolari e turisti, per un totale di utenti che supera 41 milioni di passeggeri annui. Una vera e propria istituzione del trasporto pubblico regionale che rischia letteralmente di crollare sotto i colpi di scure dei tagli finanziari. Negli ultimi mesi, in particolare, è stato cancellato un treno su tre, mentre sono già quasi una ventina le biglietterie chiuse per carenza di personale. A determinare i disagi, stando alle dichiarazioni dell’azienda, è soprattutto la mancanza di fondi per la manutenzione dei treni. Non potendo riparare i convogli danneggiati, la Circumvesuviana è costretta a toglierli dai binari, riducendo la frequenza delle corse e il numero di vagoni a disposizione dei passeggeri (attualmente, sarebbero in totale una quarantina i convogli utilizzabili, mentre per funzionare a regime ne servirebbero almeno il doppio). Un’emergenza ormai istituzionalizzata, tanto che sul sito dell’azienda è comparso qualche mese fa l’elenco ufficiale dei treni soppressi e di quelli che potrebbero subire cancellazioni improvvise, mentre da qualche settimana si prospetta con sempre maggiore insistenza addirittura la sospensione del servizio per l’intero periodo estivo, lasciando in funzione solo le tratte che servono le destinazioni turistiche.
Il fardello dei debiti
In realtà, la carenza di fondi non incide solo sulla mancata manutenzione al materiale rotabile, ma anche sulla gestione del personale. «Spesso veniamo pagati ben oltre i 30 giorni previsti – racconta un ferroviere che preferisce restare anonimo – con conseguenze immaginabili per tutti quelli che hanno un mutuo o altre scadenze fisse». E anche per tutti i viaggiatori obbligati a fare i conti con biglietterie chiuse, stazioni non presidiate e scioperi improvvisi che a volte si protraggono per intere settimane. Ma come è possibile che si sia arrivati a questo punto? Se le aziende lamentano i tagli ai finanziamenti pubblici, dal canto suo la Regione sostiene di aver sempre effettuato con regolarità i pagamenti destinati ai “servizi minimi di trasporto” e sottolinea che le difficoltà odierne dipendono soprattutto da errori di gestione dell’Ente autonomo Volturno (Eav), la holding che attualmente controlla al 100% le principali aziende campane del settore (Circumvesuviana, ma anche Sepsa e Metrocampania Nordest). L’azienda, infatti, ha cominciato ad accumulare negli anni scorsi uno spaventoso buco di bilancio che ora avrebbe raggiunto i 500 milioni di euro. Anni di gestione avventata – non esente, sostengono i viaggiatori inferociti, da assunzioni clientelari e investimenti azzardati – e debiti sempre più insostenibili hanno dunque minato alla base la salute dell’azienda.
Cumana e Circumflegrea in ginocchio
I tagli da parte della Regione hanno fatto il resto, facendo scoppiare un’emergenza che ha investito anche le altre aziende regionali di trasporto. Come la Sepsa, che gestisce la ferrovia Cumana e Circumflegrea, un servizio strategico per il territorio flegreo, molto popoloso e profondamente interconnesso con Napoli e l’hinterland. L’azienda versa in una condizione economica a dir poco traballante, ha già tagliato gli stipendi del personale e medita licenziamenti. Una situazione che si è tradotta in frequenti scioperi e proteste dei dipendenti, spesso anche improvvisati, con migliaia di pendolari “a rischio” ogni giorno. A questo si aggiunge, come nel caso della Circumesuviana, la mancanza di risorse per la manutenzione: circa il 60% dei convogli Sepsa necessiterebbe di essere sostituito o per lo meno riparato, ma i soldi non ci sono. Il risultato, inevitabilmente, è una lunga sequela di inconvenienti tecnici che determinano la continua soppressione di corse o l’interruzione del servizio. In qualche caso, come quello della tratta Licola-Torregaveta, il servizio è stato addirittura sospeso a tempo indeterminato.
Napoli e la mobilità sostenibile
Una situazione grottesca, che rischia di estendersi anche al trasporto pubblico su gomma (alcune linee di autobus iniziano già a mostrare le prime avvisaglie di problemi) e che si scontra con la strategia adottata dall’amministrazione comunale di Napoli in materia di mobilità. Mentre il trasporto pubblico è al collasso nell’intera regione, infatti, il Comune di Napoli sta spingendo con decisione nella direzione delle Ztl (le zone a traffico limitato), delle piste ciclabili e delle aree pedonali, suggerendo ai cittadini di rinunciare all’auto privata. Un messaggio che rischia di risultare contraddittorio per la popolazione, spesso ignara delle dinamiche legate alla ripartizione delle competenze e delle responsabilità politiche e finanziarie tra i vari enti locali.
Nubi nere all’orizzonte
Eppure, la Campania aveva fatto negli ultimi decenni passi significativi sul fronte del trasporto pubblico locale, avviando interventi di potenziamento e ammodernamento del sistema ferroviario regionale, in ritardo rispetto ad altre zone d’Italia. Come il cosiddetto progetto della “Metropolitana regionale” e la sperimentazione del biglietto Unico che, grazie a una partnership tra le varie aziende del settore, permette ai viaggiatori di utilizzare lo stesso titolo di viaggio su mezzi di compagnie diverse. Proprio il biglietto “multifunzione”, tra l’altro, sembra ora a rischio a causa della difficile situazione finanziaria delle aziende di trasporto. L’assessore regionale alla Mobilità, Sergio Ventrella, ha infatti recentemente ventilato l’ipotesi di sospendere, in via sperimentale, la tariffa unica, passando a un nuovo sistema di bigliettazione elettronica che leghi il costo del servizio alla distanza percorsa. Una soluzione che non piace ai comitati dei pendolari, che da mesi protestano con le aziende e con le amministrazioni locali per chiedere il ripristino degli standard qualitativi minimi del servizio. Protestano i viaggiatori, ma sono sul piede di guerra anche i sindacati, preoccupati dai tagli al personale e dalla minaccia di fallimento che incombe su alcune delle società del settore. Anche i sindaci dei Comuni più interessati dai disagi hanno fatto fronte comune per chiedere alla Regione di risolvere una situazione che diventa di mese in mese più incandescente, ma incontri, sit-in e petizioni non sono ancora serviti a uscire dall’impasse. All’orizzonte, insomma, si addensano nubi sempre più nere, e le speranze di una rapida soluzione della crisi sono davvero labili. Sul fronte finanziario è stato raggiunto un accordo tra la Regione Campania e la Circumvesuviana (ma anche Eav, Metrocampania Nordest e Sepsa) per la cessione alle banche dei crediti vantati dalle aziende. Le società di trasporto, in altri termini, dovrebbero ottenere dagli istituti di credito le somme loro dovute dalla Regione, utilizzando fondi sbloccati per il completamento di infrastrutture già in fase di cantiere. Ma potrebbero volerci anche 12-18 mesi, e comunque non è detto che questa boccata di ossigeno consenta di risolvere definitivamente tutti i problemi.
dossier Legambiente Pendolaria 2011