Spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano e al GIudice per le indagini preliminari di detto Tribunale esercitare le proprie attribuzioni, omettendo di informare la Camera dei Deputati della pendenza del procedimento penale nei confronti del presidente del Consiglio dei ministri in carica.
Questo si legge nelle motivazioni depositate oggi presso la cancelleria della Corte costituzionale a proposito della decisione della Consulta del 14 febbraio scorso con la quale era stato respinto il ricorso di Camera e Senato che avevano sollevato conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato con la procura di Milano in relazione al procedimento sul caso Ruby a carico dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
 Esattamente un anno fa dalle pagine di Golem avevamo sollevato la questione se la Camera dei Deputati potesse o meno sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale. Avevamo riepilogato la giurisprudenza sull’argomento e, proprio sulla base dei precedenti, ne era emerso che sulla ministerialità del reato sembrava proprio che a decidere del reato del Presidente del Consiglio dovese essere Milano.
Ad un anno di distanza, le motivazioni depositate riepilogano esattamente la questione ma di storia nel frattempo ne è passata molta: il presidente del Consiglio è cambiato, la crisi si è fatta sempre più nera e agli italiani, in fondo, in questo momento interessa sapere se riusciranno ad arrivare all’età della pensione e, in caso di risposta affermativa, con quanti soldi in tasca. 
sentenza 87/2012

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