Fin dal 1982 il polo siderurgico più grande d’Europa, che allora si chiamava Italsider e che non era ancora del Gruppo Riva, è stato oggetto di diverse indagini della magistratura sia per ragioni ambientali che sindacali, e ci sono state anche delle condanne (come quella in Cassazione nel 2006 per “mobbing”) per quello stabilimento che fa lavorare migliaia di persone e da cui esce l’acciaio che entrerà a fare parte di oggetti come gli interni delle auto, lì si costruiscono anche pezzi di vita quotidiana…

L’ultima inchiesta, portata avanti da un “pool” di magistrati coordinato dal procuratore capo Franco Sebastio, è partita circa quattro anni fa dopo che migliaia di capi da allevamento erano stati abbattuti per l’eccesso di diossina riscontrato in alcune partite di formaggi.

La richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura è arrivata sulla scrivania del Gup Giuseppe Tommasino pochi giorni fa: imputati sono trenta dirigenti (tra cui l’ex presidente Emilio Riva e il nuovo, il suo “delfino” Fabio) e i capi d’imputazione vanno dall’avvelenamento di sostanze alimentari al disastro doloso ambientale, passando per lo sversamento di sostanze tossiche, fino all’omicidio colposo di una dozzina di operai per non aver adottato le adeguate cautele. E in occasione dell’apertura dell’incidente probatorio, il 17 febbraio scorso, c’è stato un “assalto” -per usare una definizione molto in voga nei titoli di Tg e giornali- pacifico di un migliaio di persone radunatesi sotto il Palazzo di giustizia tarantino (l’incidente probatorio è un istituto procedurale che permette al Pm di “cristallizzare” incidentalmente, cioè eccezionalmente, dei fatti di prova acquisiti durante l’indagine preliminare e poterli poi usare come prove durante il dibattimento come se si fossero formate nel corso del contraddittorio in aula).

L’incidente probatorio a carico dell’Ilva si concluderà il 30 marzo e consiste in una “super”-perizia “chimica” (come la ha ribattezzata la stampa usando anche l’aggettivo “maxi” e che costituisce solo una delle perizie richieste nella fase delle indagini preliminari) di seicento pagine sulle relazioni tra i “fumi”, i terreni e gli organismi viventi, e su aspetti come il rispetto e il monitoraggio dei limiti di emissione di inquinanti.
La perizia ha sollevato una “nube” di polemiche: per alcuni vertici dell’Ilva è solo una conferma di quello che già si sapeva, e cioè che l’inquinamento non è dovuto solo allo stabilimento e alla gestione attuale, e che a riprova di ciò il gruppo investe più della media in ambiente e sicurezza; per le associazioni del territorio e per la maggioranza delle indiscrezioni giornalistiche invece l’analisi dei tecnici conferma la relazione tra centinaia di morti per tumore e la presenza dell’impianto, conferme che arriverebbero anche da altre perizie e indagini, anche se sussistono una serie di problemi “strutturali” per l’accertamento di alcune condotte potenzialmente illecite, come il superamento dei limiti di emissione.

A questo link è possibile leggere le conclusioni della perizia:
http://www.scribd.com/doc/81704027/Maxi-Perizia-Sull-Ilva-Di-Taranto-conclusioni

PETRA E TARANTO: LE CITTÀ ROSA
Anche gli italiani hanno una “città rosa”, ma non è un sito archeologico come quello giordano: man mano che ci si addentra nella zona industriale di Taranto, le strade, i palazzi e perfino i resti dell’epoca romana si tingono improvvisamente e magicamente del colore simbolo del gentil sesso: sono i “minerali” che entrano a far parte della vita dei tarantini, soprattutto di quelli che vivono in zone come il quartiere “Tamburi” o “Borgo”, il rosa lì è diventato un elemento da cartolina come il Vesuvio a Napoli, ma non ha niente di turistico e semmai potrebbe caratterizzare “cartoline” future e distopiche, come quelle del vulcano partenopeo che erutta immondizia: quella diossina e quelle sostanze inquinanti con nomi così complicati, che vengono chiamati “minerali” e che provengono soprattutto dal “parco minerali” non isolato adeguatamente, secondo le denunce di “togati verdi” e cittadini, quelle sostanze entreranno non solo nel ciclo animale e vegetale, ma anzi già sono state rilevate -come denunciato dal “Fondo Antidiossina”- nel latte materno…

Forse però il futuro “tarantino” distopico, che è già un presente invivibile e inaccettabile per una presunta democrazia europea e che la fa rassomigliare più a una dittatura africana usata come pattumiera dell’occidente, anche dopo le evidenze “emerse” dalle perizie disposte dal Gip e dalle analisi di altri enti, potrebbe non avverarsi: il Ministro dell’ambiente Clini con i vari rappresentanti degli enti locali, tra i quali il presidente Vendola, ha già fissato e svolto una serie di incontri, e se la delocalizzazione sembra ancora un sogno di tanti tarantini (anche di quelli che con l’Ilva e le altre industrie come l’Eni “ci vivono” ma forse, lo stabilirà la magistratura, pure “ci muoiono” per portare a casa la giornata) almeno altri provvedimenti sembrano prossimi a una svolta, come le ulteriori restrizioni per rilasciare l’Autorizzazione Integrata Ambientale (un particolare “visto” previsto per impianti specifici come le “cockerie” , giudicato da chi si batte contro l’avvelenamento del territorio tarantino troppo “morbido” nei confronti dell’impianto dei Riva).
Intanto l’affascinate quanto inquietante manto rosa si espande, dalle cappelle cimiteriali ai vestiti stesi ad asciugare.

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