Abbiamo visto nella prima parte dell’articolo (che trovate correlata a questa) come i bambini che navigano in internet si stiano perdendo momenti importanti in famiglia, con gli amici, ma anche con loro stessi, per esempio nella sperimentazione di una loro personalità.


Vi sono altri effetti collaterali per questi giovani cibernetici, che è doveroso trattare: molti di questi valgono anche per gli adulti, la dipendenza è un problema che riguarda entrambe le generazioni.

A chi fare le domande?
Sostituendosi ai genitori, ai fratelli e agli amici, internet per alcuni ragazzini sta diventando il luogo dove fare le proprie domande: relative ai problemi della crescita, al rapporto con l’altro sesso, alla scoperta della sessualità, a come comportarsi nella vita sociale e anche relative alla salute (questo purtroppo vale anche per gli adulti).
Il genitore ha quindi meno controllo sui valori che vuole insegnare al proprio figlio. Non è una questione da prendere sotto gamba, soprattutto considerato il rischio a cui possono portare le banalizzazioni di alcuni argomenti quali ad esempio quelli riguardanti il sesso e la violenza.
Inoltre le risposte trovate in rete sono spesso sensazionalistiche e non corrette, e contribuiscono a diffondere ignoranza.

Fatica e soddisfazione
D’altra parte però internet ha anche la potenzialità di offrire cultura ai bambini mettendo a disposizione moltissime notizie aggiuntive per le loro ricerche, rispetto a quelle che era possibile trovare sulle enciclopedie cartacee.
Si tratta di un tema complesso e problematico: da un lato bisogna specificare che le notizie aggiuntive che possono essere trovate in internet sono condite di curiosità poco utili ai fini didattici di una ricerca, dall’altro tuttavia spesso è dagli aneddoti più curiosi che si può giungere ad una visione più completa. Il punto è: attenzione a utilizzare internet come unica fonte di ricerca, come purtroppo spesso accade.
Oltretutto si perde con internet un aspetto essenziale della ricerca: la fatica nel portarla a termine ricercando tra i diversi libri, e la conseguente soddisfazione che se ne ricavava. Ci si avvicinava al lavoro e al metodo di un ricercatore, che per trovare ciò di cui ha bisogno non può limitarsi ad aprire una scatola, ma deve possedere gli strumenti culturali necessari a porre i giusti interrogativi nel “luogo”, e nel modo, giusto.
Se certo può essere comunque soddisfacente per un giovane terminare un’intera ricerca seppur veloce, questo non è paragonabile alla soddisfazione che si può ricavare da uno sforzo maggiore. Probabilmente la soluzione migliore sarebbe quella di associare la ricerca “cartacea” con quella telematica per arricchirla con curiosità aggiuntive.

 

Il rapporto tra l’impegno e la soddisfazione per il risultato non si sta perdendo solo in ambito scolastico, ma anche nella vita quotidiana. Si pensi ad esempio che soddisfazione poteva dare andarsi a comprare un disco tanto atteso, o incrementare la collezione di cd del proprio gruppo preferito: tutto questo ormai diventa futile data la grande possibilità sia d’acquisto che di fruizione gratuita possibile su internet.

L’atrofizzazione del cervello
Per quanto questo sia un tema sul quale si dovranno sicuramente fare altre ricerche (ahimé, temo boicottate) dalla Cina arriva l’inquietante scoperta (pubblicata sulla rivista scientifica Plos One ) che stare troppe ore a giocare in internet atrofizza il cervello.
I ricercatori cinesi hanno infatti rilevato che i ragazzini dipendenti da internet avevano una atrofizzazione del 20% rispetto ai bambini non dipendenti.
L’atrofizzazione, rilevata attraverso la risonanza magnetica, riguarda la corteccia celebrale e le aree deputate all’uso de linguaggio, delle emozioni, delle risposte agli stimoli sensoriali, della memoria e della capacità elaborativa e decisionale.
A quanto pare internet riesce non solo a creare dipendenza come le droghe, ma a creare anche gli stessi danni, e peggiori se consideriamo che sono causati in un periodo più delicato in cui la mente non è già formata e quindi manca di potenziali difese e vie di fuga. L’atrofizzazione rischia di essere estesa a più aree, e rischia di essere non un’atrofizzazione vera e propria, ma più specificamente un mancato sviluppo.
Oltretutto, al di là dell’atrofizzazione a livello morfologico, l’utilizzo di internet porta certamente ad una atrofia intellettuale. I discorsi dei giovani sono sempre meno improntati alle grandi questioni della vita, ma sempre più incentrate a comprendere il meccanismo di un gioco o di nuova applicazione per il loro hi-tech da navigazione.
Si sta inoltre trasformando anche il modo di utilizzare la memoria che diventa sempre più superflua avendo nella tecnologia un surrogato. Si sta perdendo anche il condividere le cose con gli altri e il destreggiarsi sempre meglio nel raccontare le proprie esperienze. Oggi condividere ha un altro significato: quello del bottone “condividi” sui social network.


La correlazione con le altre droghe
Un ultimo aspetto che si vuole considerare è la scoperta fatta in Canada della correlazione che esiste tra l’utilizzo di internet e il rischio di avvicinarsi alle droghe.
Secondo la ricerca canadese chi passa più di 4 ore in internet ha il 50% di probabilità in più di assumere un comportamento rischioso per la propria salute, tra cui droghe, alcol, comportamenti sessuali inappropriati e maggior sprezzo del pericolo (ad esempio andare veloci in motorino o non mettersi le cinture di sicurezza in macchina). Questi comportamenti sono proprio tratti dai cattivi esempi da cui il bambino è continuamente bombardato (il mondo senza regole dell’articolo precedente, ricordate?) e anche da una propagazione del virtuale nel reale.

Ancorati alla realtà
Gli adulti probabilmente sono più giustificati ad utilizzare internet soprattutto in quanto strumento di lavoro, ma certo non sono immuni dalla dipendenza, anzi, la percentuale più alta di dipendenti è nell’amplissima fascia tra i 20 e i 70 anni. Secondo un sondaggio sarebbe addirittura il 70% della popolazione italiana adulta ad avere questo disturbo, ma gli adulti hanno una base passata che può aiutarli a rendere questa dipendenza meno pericolosa. Nati in un mondo senza internet hanno ancora valori pregressi che li aiutano a non confondere il reale con il virtuale. Ma in un mondo dove non vi saranno più queste basi sarebbe da domandarsi dove potranno arrivare gli adulti di domani.

Spezziamo una lancia
Ovviamente non si vuole demonizzare lo strumento ma, come in tutte le cose, il suo abuso. Internet è certamente uno strumento utile per l’ottimizzazione del lavoro, collante mondiale e disintegratore delle distanze; nettare di vita per molti disabili (lì dove non diventi completa rinuncia alla vita sociale reale); fonte di informazione alternativa e indipendente per chi sappia andare veramente in fondo alle notizie e tra l’altro può diventare un mezzo in più per impegnarsi a fare del bene.
Ma purtroppo per molti è anche un luogo annichilente, sostitutivo alla vita sociale, dove ci si può nascondere, spargere bufale, spendere soldi, fare del male ai più deboli e trovare nuovi modi per delinquere.

Come riconoscere la dipendenza
Tralasciando la pericolosità generale dell’utilizzo di internet da parte dei bambini, come degli adulti, cerchiamo di capire i comportamenti indice di una dipendenza vera e propria.
Il primo campanello di allarme è la difficoltà a staccarsi da internet, la quale spesso porta a nervosismo e insofferenza se il distacco è imposto da qualcuno o qualcosa; un uso prolungato del pc, senza rendersi conto del tempo che passa e anzi convinti che sia trascorso in modo soddisfacente; una evidente euforia durante la navigazione contrapposta ad un senso di depressione o apatia quando non si è davanti al computer che porta a un disinteresse dalle altre attività; un peggioramento dei rapporti familiari; un trascurare la famiglia, gli amici, i vecchi interessi e talvolta anche i propri doveri quotidiani; e sentire la necessità di connettersi ogni qual volta sia possibile.
Se avete molti di questi sintomi avete ora una conoscenza per scegliere con cognizione come agire.

Un timore
Fortunatamente molti adulti e quindi molti genitori sono ancora consci dell’importanza del mondo reale, e dell’essenzialità dei momenti insieme, quelli reali fatti di comunicazione e non solo di condivisione degli spazi e dello stesso network. Ma purtroppo per molte famiglie internet è diventato una sorta di aiuto con i figli, come fosse una tata, proprio come fu un tempo con la televisione. Vi sono casi in cui queste dipendenze iniziano… dall’alto: padri che giocano ai videogiochi per ore, mentre le mamme sono perse nei social network, e i figli chi sa dove, in un posto lontano e insidioso, seduti sulla loro sedia con una porta aperta, non quella della loro cameretta, ma quella della loro mente, aperta su mondo futile e senza regole. (fine seconda e ultima parte)

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