I cosiddetti branchi possono formarsi tra persone che prese singolarmente non avrebbero il coraggio di fare del male, oppure possono fomentare l’aggressività di alcuni e la cedevolezza di altri.
Il branco si segue, il branco dà la forza, e le responsabilità sono alleggerite, come se la colpa fosse un’unità unica e divisa per quanti ne fanno parte, come se un atto condiviso proprio perché tale, non fosse più così proibito.
Il punto di vista del branco
In realtà questo tipo di colpa non dovrebbe essere sentita come divisa tra i membri del branco, ma dovrebbe, per la sua gravità e per il danno arrecato alla vittima, essere moltiplicata per il numero dei membri del gruppo. Il branco ragiona meno del singolo e ha meno remore a compiere un’azione che, messa in atto dal branco assume invece aspetti molto più atroci per la vittima.
Come appena accennato l’individuo in branco sente una divisione della responsabilità, l’individuo non si sente quindi responsabile al 100 per cento delle sue azioni, anche se di fatto lo è, ma sente la responsabilità diluita dalla condivisione con i suoi compagni. Inoltre l’individuo in branco si sente deindividualizzato, ovvero anonimo come fosse un numero tra tanti, in questa condizione è maggiormente portato a commettere atti violenti perché sente meno il peso delle responsabilità sociali. La divisione della responsabilità e la deindividualizzazione aumentano a seconda dell’aumentare del gruppo, quindi paradossalmente più grave è il danno arrecato alla vittima perché compiuto da più persone, meno responsabili si sentiranno i carnefici e più portati saranno a farlo.
I componenti di un branco, come quelli di un gruppo, tendono ad imitarsi tra loro prendendo ad esempio gli elementi del gruppo che sembrano essere più carismatici, e spesso soprattutto nella adolescenza (e nella “tarda adolescenza”), i ragazzi considerati dai compagni come leader carismatici sono proprio quelli che vanno contro le regole sociali dimostrando loro di non avere paura.
Anche coloro che non hanno la tendenza ad imitare gli altri, possono comunque adeguarsi alla decisione del gruppo/branco per non sentirsi tagliati fuori. Oltretutto il branco può aver giustificato il suo comportamento (prima o dopo) con false ideologie del tipo “se lo meritava” “era quello che voleva”. Una falsa ideologia che nasce in un branco da un lato diventa fonte di salvezza per i membri dello stesso, perché porta ad una giustificazione purificante, ragion per cui viene amplificata la sua credibilità; dall’altro lato può condirsi di certezze date dall’ignoranza, tanto che da giustificazione si può passare ad una vera e propria convinzione e motivazione. In questa condizione può capitare paradossalmente che un membro del branco, la cui idea si discostava da quelle giustificative, si convinca che l’idea della maggioranza è per forza quella giusta.
Gli individui si vestono del branco che seguono, arrivando a doverlo seguire come fosse una bandiera.
Il punto di vista della vittima
Ora cerchiamo di immaginare quello che può accadere a livello psicologico ad una vittima che subisca uno stupro di gruppo.
Il primo effetto sarà quello della paura di incontrare nuovamente i propri seviziatori; chi subisce uno stupro ha spesso paura di tornare alla vita sociale anche se ha la certezza che il suo persecutore sia in galera.
Inoltre alla paura profonda derivata dal post-trauma, si somma quella più concreta di una possibile ritorsione in caso di denuncia. Questo può portare a crimini del tutto taciuti: il tacere una violenza porta sofferenza e solitudine dentro la persona, questo perché ella non può avvalersi dell’effetto catartico che ha proprio la denuncia ancor prima dell’effetto vendicativo e punitivo.
La denuncia infatti se da un lato porta la persona a dover ricordare momenti difficili e a doverne passare altri per via del processo e di tutto quello che questo porta, dall’altro lato ha il potere di far metabolizzare l’accaduto alla vittima che riesce in questo modo a combattere il suo dolore senza doversi tenere tutto dentro sé in una lenta lacerazione che non trova espressione.
Si è parlato di discrezionalità del giudice, ma questa discrezionalità in realtà è un’arma a doppio taglio: cosa potranno pensare di loro stesse le vittime nel caso in cui il giudice ritenga di dover ricorrere a misure alternative alla detenzione in carcere? Potranno avere messaggi di svalorizzazione della loro persona e della loro pena, potranno avere di rimando messaggi di colpa per quanto accaduto. E’ ovvio che tutto questo ancora una volta porta alla possibile rinuncia alla denuncia.
Infine non dimentichiamoci che oltre alle vittime vi sono le probabili vittime: le donne, tutte. Quando nel 2010 quando ci fu la prima sentenza che ordinò misure alternative ad uno stupratore, nei giorni successivi ci fu un incremento di violenze sessuali. E’ vero che in qualche misura questo fu dovuto al tam tam “pubblicitario” dei media che indussero qualcuno all’emulazione, ma se questo è un fattore che a lungo andare va a scemare, certamente vi sarà un effetto che rimarrà col tempo, ovvero quello della minor paura nel commettere questo crimine.
Il punto di vista sociale
Si è già accennato al punto di vista sociale, che rischierà col tempo di dare sempre meno importanza ai crimini di violenza sulle donne, ma qui si vuole sottolineare come questo crimine, aberrante, sicuramente tra i più atroci e odiosi che si possano commettere (addirittura anche i galeotti considerano gli stupratori con più disprezzo rispetto agli altri criminali), è stato purtroppo spesso considerato con maggiore leggerezza rispetto ad altri crimini. Basti ricordare che soltanto 16 anni fa, nel 1996, la violenza sulla donna è passata da crimine contro la morale a crimine contro la persona.
Si vìola una persona nella sua intimità, la si fa soffrire fisicamente, la si fa soffrire psicologicamente, le si crea un danno psicologico permanente, la si umilia. In breve, la si uccide dentro: uno stupro, ancora più se di gruppo, dovrebbe essere considerato simile ad un omicidio, con la differenza che dopo lo stupro la vittima può morire lentamente ogni giorno.