Con il termine “mercato ristretto” si identificano a vario titolo i mercati sottostanti la Borsa Valori, per cui gli operatori non soddisfano i requisiti minimi di accesso. Rientrano nell’accezione più ampia di questo termine i mercati dei beni, quali quello dell’oro, del grano o dei cereali.
Caratteristica principale di questi mercati è la rarefazione degli scambi “reali”: generalmente solo il 2% delle transazioni si conclude con un effettivo acquisto di merci, inteso come spostamento materiale di una determinata quantità di beni. La grande maggioranza delle transazioni è dunque composta da operazioni finanziarie, che rientrano in piani di investimento più ampi volti ad assicurare la copertura di un portafoglio. In altre parole le merci, pur cambiando proprietario in continuazione, non si spostano quasi mai dal magazzino in cui sono conservate: questo avviene tramite strumenti finanziari denominati futures, grazie ai quali è possibile acquistare un bene che sarà consegnato in un lasso di tempo (mediamente tre mesi) al prezzo in vigore al momento della transazione. Ad esempio, un operatore potrebbe acquistare un future su una tonnellata di cereali, per poi rivenderlo ad un altro investitore ad un prezzo superiore, riuscendo a lucrare sulla differenza. In alternativa può rinnovare il contratto, rinviando la consegna della merce. Nel frattempo il primo proprietario dei cereali si è tutelato da un eventuale calo delle quotazioni, fissando il prezzo in anticipo. L’insieme delle trattazioni su questi mercati influenza direttamente il prezzo di un bene sul mercato “reale”: l’aumento della domanda in un mercato, determinato dalla stipula di enormi quantità di contratti future, porta ad una crescita del prezzo che sarà poi applicato nella vendita diretta. Si possono immaginare le conseguenze in mercati “sensibili” quali ad esempio quello del grano, in cui un aumento anche minimo del prezzo implica numerose difficoltà di approvvigionamento, specie per le popolazioni più povere del pianeta.
Altri beni, come l’oro o gli immobili, costituiscono un cosiddetto “bene-rifugio” ed il loro valore risulta legato alla reputazione di cui godono. Nel caso specifico dell’oro, bisogna ricordare che fino al 1971 le principali valute mondiali possedevano un valore fisso in termini di metallo prezioso (cosiddetto gold standard): oggi il prezzo è diventato fluttuante, tuttavia nei momenti di crisi economica sono ancora molti coloro che si affidano all’acquisto dei lingotti per proteggere il proprio capitale. (luigi borrelli)