Il virus del condono rischia di contagiare anche il governo Monti. Mentre è in corso sui media una martellante campagna contro l’evasione, nelle ovattate stanze di Montecitorio è stato approvato nei giorni scorsi dalle Commissioni riunite I e V della Camera con l’assenso del sottosegretario Gianfranco Polillo, un emendamento al decreto milleproroghe, presentato da Antonio Leone del Pdl, che riapre il condono sulle liti fiscali pendenti fino a 20.000 euro e vanifica gran parte dell’attività di accertamento del 2011 dell’Agenzia delle entrate.
In pratica all’evasore accertato sarà sufficiente pagare il 30% della maggiore imposta accertata. La percentuale sale al 50% se il contribuente ha già perso un grado del giudizio e scende al 10% se ha vinto. Per chi paga le imposte si tratta dell’ennesima beffa. A fronte di dichiarazioni contro l’evasione, che vedono
impegnato il presidente del consiglio Monti in prima persona, si registra una sostanziale continuità con il precedente governo in materia di condoni che sono la negazione di ogni minima e seria azione contro l’evasione fiscale.
Nel luglio dello scorso anno il governo Berlusconi, con la solita motivazione di voler deflazionare il contenzioso tributario, ha partorito, dopo lo scandaloso decreto Salva-Mondadori, l’ennesima sanatoria sulle liti fiscali di valore fino a 20.000 euro, pendenti alla data del 1 maggio 2011 (art. 39, dl. 98/11). Per valore della lite s’intende l’ammontare dell’imposta o maggiore imposta contestata davanti al giudice di primo grado, con esclusione delle sanzioni e degli interessi. La definizione della domanda si perfezionava con il pagamento della somma dovuta entro il 30 novembre 2011 e la successiva presentazione della relativa domanda di definizione entro il 2 aprile 2012.

Controversie a basso costo (per gli evasori)
In concreto per chiudere la controversia con il fisco era sufficiente versare entro il 30 novembre 2011, 150 euro se il valore della lite è inferiore a 2.000 euro, il 10% del valore della lite in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate in base all’unica o all’ultima pronuncia, il 50% del valore della lite in caso di soccombenza del contribuente. Se non c’era stata ancora alcuna sentenza della commissione tributaria bastava versare il 30%. C’è tempo, poi, fino al 2 aprile per presentare la relativa domanda di definizione.
Facciamo l’esempio di un professionista, che ha dichiarato 28.000 euro di reddito e 6.960 euro di imposta, al quale è stato accertato col redditometro, sulla base del tenore di vita rilevato (Suv, viaggi all’estero etc.), il reddito complessivo di 65.000 euro e l’imposta di 21.320 euro. In base all’accertamento dell’ufficio il suo debito col fisco ammonta a 14.360 euro per la maggiore imposta accertata, più altri 14.360 euro a titolo di sanzione, oltre agli interessi di legge.
Al nostro professionista è sufficiente versare il 30% della maggiore imposta accertata, cioè 4.308 euro, corrispondente a circa il 10% di quanto dovuto in base all’accertamento, tra maggiore imposta, sanzione e interessi, e poi presentare la domanda, per estinguere la controversia.
La super-sanatoria sulle liti fiscali pendenti si è conclusa con un grande successo. È stato un grande affare per tutti i numerosissimi evasori medio – piccoli, scovati dal fisco negli ultimi anni, che hanno avuto la lungimiranza di impugnare l’atto di accertamento anziché fare acquiescenza, in attesa dell’ennesimo condono, che puntualmente è arrivato.

Un grosso danno erariale
Difatti alla scadenza del 30 novembre hanno aderito alla sanatoria ben 93.436 contribuenti, provvedendo al relativo versamento che ammonta complessivamente a circa 138 milioni di euro. A questi vanno aggiunti coloro che aderiranno con la semplice presentazione della domanda di definizione entro il 2 aprile, scomputando per la definizione le somme già versate sulla base dell’iscrizione provvisoria. Si stima che complessivamente la misura coinvolga circa 120.000 controversie, pari al 40% delle 279 mila liti potenzialmente definibili con la sanatoria.
Quali danni per l’erario? Enormi. È sufficiente considerare che gli stessi soldi il fisco li avrebbe incassati, tra imposte, sanzioni e interessi dovuti, se avesse vinto in giudizio in poco più del 10 % delle controversie
condonate[1]. Ebbene con l’emendamento approvato dalle Commissioni riunite Affari costituzionale e Bilancio viene prevista la riapertura del condono anche per le nuove liti insorte da maggio a dicembre dello scorso anno, che hanno riguardato essenzialmente gli avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle entrate nel 2011.

Monti e le ire dell’onesto contribuente
In conclusione, se il Governo Monti non vuole essere accusato di contaminazione da condono, è ancora in tempo per azzerare l’emendamento, proposto in sede di conversione del decreto milleproroghe, che riapre i termini della sanatoria per le liti fiscali fino a 20.000 euro.

[1] La statistica irpef degli ultimi 15 anni ci dice che il fisco vince in 1° grado nel 41% dei casi, ed è parzialmente soccombente nel 15%. E’ evidente che chi ha aderito al condono lo ha fatto perché ha ritenuto conveniente pagare la somma dovuta, anziché sottoporsi ad un giudizio nel quale si riteneva probabile perdente.

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