Luigi Morsello è stato un Brubaker italiano. In comune con il direttore di carceri interpretato da Robert Redford ha avuto l’umanità, il coraggio, la capacità di precorrere i tempi. E l’età, visto che Morsello è di appena un anno più giovane del grande attore statunitense.
La mia vita dentro è il primo libro sulla vita nelle carceri italiane raccontata dall’interno, da un direttore.
Scrive Morsello: “C’è chi conta le pecore per addormentarsi. Un direttore di carcere vede sfilare nei suoi ricordi facce, storie, divise, sbarre, manette, agenti e detenuti. Soprattutto detenuti. Come fosse una galleria di ritratti. Una mostra del passato”.
1969-2005: gli anni bui d’Italia e del carcere raccontati per la prima volta da un integerrimo direttore che ha visto e diretto 22 penitenziari, da quelli di massima sicurezza sulle isole di Gorgona e di Pianosa a quelli “a custodia attenuata”, spesso scontrandosi con burocrazia e amministrazioni non sempre trasparenti. Perché la storia passa anche, forse in alcuni casi soprattutto, attraverso le prigioni. Attraverso le storie degli Epaminonda, dei Gianni Guido, dei Curcio, dei Sindona, dei Marco Donat-Cattin, delle guardie carcerarie col whisky, dei processi contro mafia e Brigate rosse.
“Va dato atto all’autore del coraggio manifestato nello scrivere un libro sul carcere in un momento come quello attuale in cui la profonda crisi economica, sociale, politica e, soprattutto, morale del Paese costituiscono fattori che non invitano a una riflessione approfondita sulla “discarica sociale” che è il sistema penitenziario italiano.
Luigi Morsello questa riflessione ha voluto farla in modo provocatorio e c’è riuscito in pieno.
Chiama a rispondere di insipienza politica la classe dirigente di ieri e di oggi…”. (Aldo De Chiara)
Gli anni di lavoro di Morsello sono coincisi con uno dei periodi più bui della storia del nostro Paese: lì si collocano, infatti, con i loro ripetuti delitti, alcuni di portata storica, le azioni più devastanti del terrorismo e della mafia. L’appassionante panorama di personaggi che questo libro ci propone può finalmente rivelare al lettore l’umanità che vive dietro le sbarre e che costituisce, insieme al direttore, agli agenti, agli assistenti sociali, agli educatori, ai medici e infermieri, non tanto un’istituzione totale, quanto una vera e propria comunità” (Piero Luigi Vigna).
Questa è la scheda di presentazione del libro di Luigi Morsello che, edito da Infinito Edizioni, è stato pubblicato due anni fa. Luigi non voleva scriverlo, un libro. Sorridendo con ironia, come era solito fare, sosteneva che i funzionari dello Stato non sanno scrivere. Riuscimmo, il collega e amico Francesco De Filippo ed io, a convincerlo del contrario e così abbiamo curato il primo libro di memorie di un direttore di carcere italiano.
E’ stata un’occasione importante, per me, per guardare la storia d’Italia degli ultimi quarant’anni da un altro punto di vista.
Luigi Morsello è morto l’altra mattina, all’ospedale di Lodi dove era stato ricoverato alcuni giorni fa in seguito all’aggravarsi di una patologia al fegato. Una malattia che ha rappresentato una parte dell’eredità del suo lavoro di direttore di carcere. Ma non per questo Luigi ha mai neppure tentato di ottenere il riconoscimento della malattia professionale. Luigi, come tutti i “servitori” dello Stato di un tempo, è uscito di scena in silenzio. Nonostante non gli mancassero le parole e, soprattutto, le ragioni per parlare.
La tristezza per la sua morte è tanta.
Qui in allegato trovate il video di un suo intervento a “Uno Mattina”, in Rai, in occasione della pubblicazione del libro. E potete anche leggere alcuni dei suoi articoli per Golem. E’ un modo per ricordarlo.
Un abbraccio va alla sua famiglia, alla sorella Maddalena, alla moglie Annamaria, ai figli Daniela, Salvatore e Francesca e ai nipoti.