La prestazione previdenziale pensionistica è un diritto previsto a favore di tutti i soggetti assicurati ad una delle gestioni previdenziali obbligatorie in base alle specifiche regole che disciplinano ciascuna di esse: Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) per l’invalidità, vecchiaia e superstiti per i dipendenti gestiti dall’INPS; Gestione Separata dell’INPS per i lavoratori autonomi, collaboratori, associati in partecipazione e lavoratori occasionali accessori; Gestione lavoratori autonomi per artigiani e commercianti e coltivatori diretti; Gestione sostitutiva ENPALS per i lavoratori dello spettacolo, Gestione dei liberi professionisti; INPGI.
In particolare, gli esercenti attività commerciale e artigiana – cioè coloro che in qualità di imprese sono classificabili nel settore terziario e coloro che sono titolari di impresa artigiana – rientrano nell’obbligo assicurativo nei confronti dell’INPS (gestione lavoratori autonomi) versando la contribuzione obbligatoria pari alle seguenti aliquote calcolate sui redditi d’impresa:
– 20% oppure 21% sulla quota di reddito superiore a euro 43.042 e fino a euro 71.737 per i contributi dovuti dagli artigiani;
– 20,09% oppure 21,09% sulla quota di reddito superiore a euro 43.042 e fino a euro 71.737 per i contributi dovuti dai commercianti.
Tali aliquote contributive, che nonostante l’ultima riforma Fornero restano decisamente inferiori rispetto a quelle che si applicano ai dipendenti che versano ben il 33%, aumenteranno di 1,3 punti percentuali nel 2012 e di 0,45 punti per ogni anno successivo a partire dal 2013, fino a raggiungere la misura del 24% nel 2018.
Dunque, dato l’ingresso di un sistema pensionistico ormai completamente contributivo, non c’è dubbio che questo innalzamento delle aliquote contribuirà sicuramente al rialzo delle pensioni che matureranno i commercianti i quali però altrettanto senza dubbio – soprattutto i più giovani con riferimento al tasso di sostituzione ancorato al 50% – dovrebbero pensare ad una integrazione previdenziale per potersi garantire, una volta cessata l’attività, un reddito mensile mediamente uguale a quello percepito durante il lavoro.