Chiunque abbia mai usufruito di un prestito sa che, una volta ricevuto il capitale, dovrà restituirlo maggiorato di una quota interessi. Allo stesso modo le banche, che hanno una necessità continua di rifinanziamento, accendono prestiti tra di loro ad un tasso stabilito dalla banca centrale, presso la quale hanno un deposito. Con l’espressione “costo del denaro” si intende proprio questo tasso, che dunque rappresenta l’interesse più basso della zona Euro. In sostanza si tratta di un “tasso base”, che incide poi sull’intera struttura degli interessi proposti al pubblico, ad esempio sui mutui. Se la Banca Centrale, infatti, decide un aumento del tasso, le banche dovranno pagare interessi maggiori per finanziarsi, quindi scaricheranno il costo sull’utente finale: il contrario avviene nel caso di un taglio.
Sul piano prettamente economico, il costo del denaro è uno strumento di cui la Banca Centrale dispone al fine di perseguire un obiettivo prefissato. In generale, se i tassi d’interesse sono molto elevati gli operatori preferiscono acquistare titoli, dai quali possono trarre guadagni elevati. Al contrario, in presenza di tassi molto bassi, conviene mantenere il denaro liquido, consumandolo o aspettando un aumento dei rendimenti per investire. In altre parole, quando una Banca Centrale abbassa i tassi, aumenta la liquidità in circolazione, ma questo rischia di far crescere i prezzi e quindi l’inflazione. In un momento di recessione, dunque, abbassare i tassi significa incentivare i consumi e ridurre i costi per chiunque voglia prendere in prestito dei soldi, sia per consumare che per investire.
Per quanto concerne l’Europa, la BCE ha come obiettivo principale (da statuto) la stabilità dei prezzi, per cui l’inflazione deve rimanere intorno al 2%, quindi è particolarmente avversa ad una politica monetaria cosiddetta “espansiva”: basti pensare che a partire da dicembre 2008 la FED (la Banca centrale americana), nel tentativo di rispondere immediatamente alla recessione, ha fissato il costo del denaro allo 0,25% fino ad oggi, mentre la BCE lo ha portato dal 2,5% all’1%. L’istituto europeo è spesso accusato di mantenere i tassi troppo alti che impediscono la ripresa economica, frenando gli investimenti (che generalmente iniziano con un prestito di capitale) e soprattutto aggravando la situazione di molte famiglie che non riescono a ripagare i propri debiti. Tale comportamento, espressione dell’impostazione economica tedesca, sarebbe dettato da un’ingiustificata paura dell’inflazione crescente. (luigi borrelli)