Quando il Sole entra in Capricorno abbiamo il solstizio d’inverno. E’ il momento in cui il Sole, giunto al punto più meridionale dell’orizzonte, al punto più basso sull’eclittica, sembra sostare qualche tempo prima di riprendere il suo cammino in senso ascendente verso nord.
Fa da pendent al solstizio d’inverno il solstizio d’estate, che avviene sotto il segno del Cancro, opposto, sulla fascia zodiacale, a quello del Capricorno. Ora, in non poche tradizioni i due solstizi sono visti come “porte”, come soglie, come passaggi. Sono le porte solstiziali: “porta degli dèi” (deva yana per gli indù) quella invernale; “porta degli uomini” (pitri yana, porta degli antenati) quella estiva. Ma, attraverso le porte, passa qualcuno. Dalla porta invernale passano gli dei per manifestarsi nel nostro mondo e passano le anime che ascendono al divino; e dalla porta d’estate discendono le anime sulla terra per il perpetuarsi del ciclo delle esistenze materiali. Porfirio (discepolo di Plotino) nella sua opera “L’antro delle Ninfe”, scritto nel 300 avanti Cristo, dice che le anime che scendono dal cielo per reincarnarsi sulla Terra passano dal celeste cancello del Cancro e, una volta compiuto il loro ciclo vitale, ritornano al cielo attraverso il cancello del Capricorno.
Ora, nel periodo solstiziale, tra il 21 e il 25 dicembre, molti popoli hanno celebrato la nascita di esseri divini, degli dei a funzione soterica (salvifica): in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horus; nel Messico pre-colombiano nascevano il dio Quetzalcoatl e l’azteco Huitzilopochtli; Dioniso-Bacco in Grecia, nonché Adone; e in Persia si celebrava la nascita del dio Mithra, detto il Salvatore e nell’antica Babilonia vedeva la luce Tammuz, “Unico Figlio” della dea Istar, rappresentata col figlio divino fra le braccia e con, intorno al capo, un’aureola di dodici stelle. Quanto ai Romani, festeggiavano il dies natalis Solis invicti, cioè il giorno della nascita del Sole invitto, del nuovo sole che rinasceva dopo la morte simbolica, tornando a crescere dopo aver toccato il punto più basso appunto con il solstizio invernale
A questo culto solare contribuì non poco il diffondersi negli ambienti militari della religione mithraica dove Mithra era considerato il Figlio del dio supremo Sol: figlio del Sole e Sole lui stesso, nato da una roccia presso un albero sacro e con la torcia in mano, simbolo della Luce e del Fuoco che spandeva sul cosmo. Si narrava che alcuni pastori presenti all’evento soprannaturale gli avessero offerto primizie dei greggi e dei raccolti. Chiare le analogie con la nascita del Cristo. All’inizio del IV secolo la festa del Sole bambino era diventata così popolare a Roma che vi partecipavano persino i cristiani. E la Chiesa, per allontanare i fedeli da quelle cerimonie “idolatriche”, pensò di fissare la celebrazione della nascita del Cristo il 25 dicembre sovrapponendola alla nascita del Sole. D’altronde, alla figura di Gesù ben si attagliava il simbolismo solare, dato che il Cristo era definito Sole di Giustizia e Luce del mondo.
Dalla porta invernale, dunque, la salvezza del mondo. E la porta è simbolo che segna il passaggio fra due stati, un luogo di comunicazione fra due mondi. Ma alle porte, in genere, c’è un portiere…Nella religione romana il dio preposto alle porte solstiziali era Giano bifronte, con due facce, l’una di vecchio barbuto, l’altro di giovane imberbe, che rappresentano rispettivamente il passato e il futuro; ma anche, da un lato, l’attenzione rivolta alle cose del mondo che, in quanto soggette al divenire, sono destinate ad invecchiare e, dall’altro, l’aspetto divino dell’anima, attratta verso lo spirito. Giano era, in senso generale, il custode (ianitor) delle porte (ianuae) ed esercitava la sua influenza su ogni passaggio e su ogni inizio o principio. A lui erano consacrati il primo mese dell’anno (Ianuarius), secondo il calendario di Giulio Cesare, l’inizio di ogni mese, di ogni giorno e di ogni attività. La radice del nome Giano indica il concetto di passaggio, come la parola sanscrita yana (porta) e il verbo latino ire (andare).
Giano, narrava il mito, aveva regnato sul Lazio dato inizio alla civiltà istituendo i riti religiosi e promuovendo la costruzione degli edifici sacri. Nella duplice veste di protettore di ogni inizio e di iniziatore della civiltà Giano era il patrono dei Collegia Opificum e Fabrorum, istituiti all’epoca del re Numa e in suo onore le corporazioni degli artigiani romani celebravano le due feste solstiziali. Con il cristianesimo Giano (ricordiamolo, bifronte) si sdoppia completamente, si divide in due. E i “portieri” dei due solstizi diventano “i due San Giovanni”: San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista; il primo, “custode” del solstizio d’estate; il secondo del solstizio d’inverno. Giovanni Battista è posto al solstizio d’estate, a indicare la natura dell’uomo destinato alla decadenza e alla morte; è vestito di pelli di animali, che alludono al sacrificio; e dice, alludendo al Cristo: “Egli deve crescere e io scemare”; così come il Sole estivo è destinato al declino prima dell’avvento del Sole nuovo; e infine battezza con l’acqua – simbolo della vita terrena soggetta a corruzione e associata, come la Luna, al segno del Cancro – annunciando però che giungerà presto Colui che “vi battezzerà con Spirito Santo e Fuoco”. Giovanni Evangelista nasce con il Sole nuovo, con il Sol Invictus del solstizio invernale, con il Sole Bambino, è associato strettamente al Cristo, e quindi è l’archetipo dell’uomo che “rinasce” varcando la ianua coeli, la porta celeste. Non a caso il Vangelo di Giovanni, che si apre con le parole “In principio era il Verbo”, con un riferimento all’inizio della creazione cosmica ed al carattere di Giano come dio degli inizi.